Alicudi, Filicudi, le Eolie più selvagge

Si fa alba. E all’orizzonte appaiono due isole. Hanno l’aspetto di una montagnola, un tronco di cono che sbuca all’improvviso dal mare, tradendo con quella forma ardita la propria origine vulcanica.

Alicudi e Filicudi si presentono quando il sole a est sta nascendo. Dopo una notte di navigazione tranquilla, Metis passa vicina alle più selvagge e isolate delle isole Eolie.

La prima, Alicudi, la più isolata, sarebbe stato bello visitarla in questa stagione: anticamente era conosciuta come Ericusia, ossia ricca d’erica.

La seconda, Filicudi, più allungata grazie al promontorio di Capo Graziano, era chiamata Phoenicusa, piena di felci.

Sono due sorelle gemelle queste piccole isole che lasciano senza fiato Massimo e Piero.

Non c’è tempo per fermarsi purtroppo. Le previsioni chiamano maltempo e bisogna trovare un posto dove fermarsi e attendere. L’obiettivo è continuare la navigazione fino a Lipari o Vulcano. Lì fermarsi per la notte.

Ma la vita di Alicudi e Filicudi arriva fino in barca. Dai colori e dalla forma sembrerebbe un Rigogolo.

Rigogolo?

Ustica, l’isola di Circe….

….o forse no. La casa della fascinosa figlia del Sole e dell’oceanina Perse e sorella (o di Eetas, re di Colchide potrebbe anche essere Eea, di fronte al Circeo (lo assicura Dante). O forse Ponza, o addirittura Pianosa.

Oppure era proprio Ustica l’isola di Eea, l’isola dell’Alba. Qui Circe abitava il suo bellissimo palazzo nel mezzo di un fitto bosco. E attorno aveva leoni e lupi, vittime delle sue arti. E magari ancora qualche maiale, reduce della fatale incursione di Ulisse che ovviamente riuscì a farla innamorare.

Dea tremenda, maga dai molti farmaci, donna imperativa e bellissima, mi piacerebbe che a lei si pensasse ogni volta che si nomina Ustica. O alla bellezza di questo scoglio in mezzo al mare. O alle sue prelibate lenticchie. Non alla strage del 1980. Invece, inevitabilmente, Ustica da 40 anni è legato a quella tragedia.

Ma Ustica è anche l’isola dove venne mandato al confino Antonio Gramsci. Con lui finirono qui molti altri leader antifascisti:  da Filippo Turati e Ferruccio Parri fino ad Amadeo Bordiga.

Gramsci avrebbe dovuto vivere sull’isola cinque anni ma ci rimase solo 44 giorni: dal 7 dicembre 1926 al 20 gennaio del ‘ 27. Perché il 14 gennaio, il Tribunale di Milano aveva spiccato un mandato di cattura. Venne arrestato e trasferito nel carcere milanese di San Vittore.

La casa di Gramsci, qui al confino

Anche Nello, uno dei fratelli Rosselli trucidati nel 1937 a Bagnoles sur l’Orne dai Cagoulard (incappuciati) aderenti a un’organizzazione segreta fascista. Anche Carlo era al confino, ma a Lipari.

Piero non era ancora nato quando il volo Itavia precipitò nel mare di Ustica e ieri su quest’isola luminosa e piena di grotte segrete è sbarcato con suo padre dopo una notte e un giorno di buona navigazione.

Notte a Ustica

Una traversata tranquilla, bolina larga, mezza nave, gran lasco, anche spi. Poi poco vento, motore, infine ultimo tratto di nuovo a vela.

Metis si è fermata qui in attesa di un po’ di vento per compiere le 70/80 miglia che separano Ustica dalle Eolie.

Metis in porticciolo a Ustica

Nel porticciolo, minuscolo e pieno di barche, Metis ha ormeggiato all’inglese al posto del ferry. Poi alle 8 ha dovuto sloggiare per lasciar posto al primo traghetto da Palermo

L’idea è di ripartire questa notte. Le previsioni meteo danno gran vento e temporali tra due giorn. Bisognerà valutare se fare rotta sulle Eolie (e lì attendere il passaggio del maltempo) oppure andare in Sicilia e trovare riparo fra Milazzo e Messina.

Cagliari-Eolie, partiti

Metis, Massimo e Piero sono in viaggio. Alle 14.30 di oggi hanno lasciato Cagliari, con poco vento, ma a favore, uno splendido sole e un mare meraviglioso.

In partenza da Cagliari

Davanti a loro hanno 280 miglia di mare. Se tutto va bene, mercoledì dovrebbero essere alle isole Eolie. Il tempo previsto è buono. Vento leggero e da ottimi quadranti. Per ora Genoa e Trinchetta e 6,5 nodi di velocità.

Piero e il boma 🙂

Passeranno vicino all’isola di Ustica e da lì faranno rotta sul faro di questo angolo di Mediterraneo: l’isola di Vulcano.

Verso le Eolie

Si riparte! Seconda parte: dalla Sardegna alla Grecia

Metis di nuovo in cammino. Di nuovo in mare. Massimo è volato in Sardegna fornito di varie amenità, compreso un test negativo per il Covid, e il 19 settembre ha lasciato il porto amico di Portoscuso in Sardegna e ha fatto rotta prima verso Sant’Antioco, poi su Cagliari.

Sant’Antioco

La notte del 19 è trascorsa tranquilla nella baia di Perda Longa, un po’ aperta, ma comunque abbastanza riparata.

Fino a lì la navigazione è stata tranquilla: bolina stretta fuori rotta, fino a toccare una magnifica costa, poi sottovento a Capo Teulada, estrema punta meridionale della Sardegna, quindi un bel bordo su Capo Malfatano.

A Cagliari questa sera salirà Piero (anche lui munito di test negativo…si sa mai in Sardegna che vogliono) e con lui, dopo aver montato il nuovo girafiocco della trinchetta martedì se il vento sale, si farà rotta verso la Sicilia.

Metis sta benone. Si è riposata e ora è pronta a riprendere il viaggio. Per la sopravvivenza psicofisica di Massimo si è dotata di un optional mi dicono essenziale a ogni navigazione.

Non sarà possibile questa volta arrivare fino a Trieste. Per impegni di lavoro di Massimo e per quelli di Piero che a ottobre inizierà la sua personale e avventurosa “caccia” al pesce-leone.

L’obiettivo è di arrivare in una settimana, dieci giorni fino a Preveza, sulla costa ionica della Grecia, e sostare lì per tutto ottobre prima di risalire l’Adriatico nella prima parte di novembre.

Pausa: Metis a Portoscuso, noi casa

Si parte. Metis è sistemata da notte. Pulita e profumata. Noi andiamo a Cagliari in macchina (ci porta un fantastico modenese che ha il suo Festinalente ormeggiato vicino), poi via Roma stanotte noi saremo ad Atene e Giovanni a Portogruaro.

Portoscuso, di fronte a Carloforte

Massimo è andato in testa all’albero a smontare la trinchetta e ha già organizzato la sostituzione grazie all’aiuto di Roberto da Venezia.

Lavori in testa d’albero

Lasciamo questo paese con dispiacere. La Marina è perfetta, di quelle che piacciono a noi: pochissimi fronzoli, servizi al limite (una sola doccia a gettone), ma estremamente amichevole, pulita e tranquilla. Un’oasi di pace dopo la tempesta della scorsa notte.

Pescherecci in porto

Portoscuso è stato una piacevole scoperta. La tonnara ottocentesca, da poco di proprietà del Comune, la torre spagnola di fine 500 che domina il mare, le casette degli abitanti, i pescherecci in porto, le reti di tutti i colori e più di un ristorante degno di nota dove, manco a dirlo, la specialità è il tonno.

La tonnara

Qui si fa ancora la mattanza da aprile a giugno. Molto meno del secolo scorso perché i tonni sono sempre meno e perché quello dei tonnarotti deve essere un mestiere antico, difficile e poco ambito.

Portoscuso, la torre spagnola

Ho scoperto, passeggiando per il paese, che il protettore dei tonnarotti è Sant’Antonio da Padova, o da Lisbona se preferite. La qualcosa mi interessa visto che sono nata il 13 giugno, appunto Sant’Antonio.

Mi dispiace lasciare Metis. Se ne starà qui per una ventina di giorni in attesa del ritorno di massimo che farà il viaggio verso Trieste assieme a Piero.

Metis all’ormeggio nella Marina di Portoscuso

Toccheranno Sicilia, Calabria,Puglia, Grecia, Montenegro, Croazia, Slovenia e infine Trieste. Metis si godrà il sole della Sardegna, il suo primo sole dopo 24 anni di gloriosa vita nordica.
Il blog si ferma per qualche settimana. Una volta a casa sistemerò le foto storte (con il cell non ci riesco) e caricherò i video. Buon vento a tutti.

Maiorca-Sardegna, due giorni e una notte difficile

Dicevano le previsioni che avremmo avuto mare e vento favorevoli. Che sarebbe stata un lunga notte di navigazione confortata dalla luna quasi piena. Che avremmo precorso le 240 miglia che separano Maiorca dalla Sardegna in due giorni e una notte di piacevole navigazione.

Cala Figueroa, Palma

Niente di tutto questo. Abbiamo lasciato Portopetro alle 6 della mattina confidando in poche ore di bonaccia. In effetti la bonaccia c’era, ma questo mare, propaggine meridionale del golfo del Leone, era ben formato. Onde alte di due metri e mezzo, tre metri, che ci sballottolavano senza pietà. Metis teneva a bene ma noi non proprio. Prima vittima, Giovanni. Ha cominciato a vomitare a poche miglia da Maiorca e non ha più smesso per due giorni.

Troppo poco vento per tenere il Genoa, poca randa e boma rizzato perché non si muovesse. Dopo trenta miglia in quelle condizioni, abbiamo cominciato a pensare di invertire la rotta. Tornare a Maiorca oppure tornare fino a Minorca, anche se nuvole nere in quella direzione non facevano ben sperare.

In quel modo, con quel mare, era impensabile proseguire. Il vento previsto non arrivava e il mare era troppo grosso. Abbiamo messo la prua verso Minorca. Ancora peggio. Il mare ci era contro. Impossibile risalirlo. Mentre esitavamo e cercavamo di capire quale sarebbe stata la scelta migliore, il vento si è alzato. 10 nodi di nord ovest, ma per cominciare sufficienti per proseguire verso la Sardegna. E’ stata una benedizione. Ci siamo sentiti confortati. E quel passerotto che ci volava a poppa, cinguettando e sbattendo le ali contro il vento, sembrava davvero un buon augurio.

Abbiamo proseguito così. Poi all’imbrunire il temporale si stava avvicinando davvero. E alla fine è arrivato. Tutta una notte di temporale con vento prima di stretto e poi finalmente a mezza nave. A un certo punto io sono andata in cabina a poppa. Massimo è rimasto in pozzetto. Attorno a noi il cielo illuminato di lampi e fulmini. Tuoni vicini e in lontananza. Vento a 25, 30 nodi, tre mani alla randa e trinchetta, pioggia e freddo. Mare sempre grosso e di traverso.

Massimo si è fatto 40 ore in pozzetto. Pipì in pozzetto. Troppo pericoloso sporgersi. Prima di scendere abbiamo condiviso una minestra liofilizzata giapponese…mi sarò lavata i denti mille volte per togliermi quel gusto.

Notte pazzesca

Dal tambuccio in cabina, io che non potevo comunque dormire, vedevo la notte illuminata a giorno. Sentivo la pioggia e ascoltavo attentamente i movimenti di massimo sopra la mia testa. Nonostante tutto, pronta a raggiungerlo, anche se non sarei stata di grande aiuto.

Ho avuto paura. Massimo si è stupito, ma per la prima volta nella mia vita di adulta, mi sono trovata a pregare. Ho pregato gli angeli. Gli amici che non ci sono più. Mamma, papà, suoceri e tutti quelli che chissà come avrebbero forse potuto aiutarci a proseguire indenni per la nostra strada. Non mi sono mai sentita in pericolo. Ero sicura che Metis e Massimo ce l’avrebbero fatta. Ma quella situazione era comunque difficile da sostenere per tutte quelle ore-

Ho meditato, per tranquillizzarmi. Mi sono raccontata storie. Ho pensato alle cavalle che galoppavano in campo e alla Vanda che faceva il bagno a Kavouri.
Ma la notte non finiva mai. Era sempre così buio. Un buio denso illuminato all’improvviso dalla tempesta. Metis era magnifica. Stabile, sicura, coraggiosa. Avrà sbattuto una vostra sola e nonostante fossi rannicchiata sul lato sottovento, stavo tutto sommato comoda.

Alle prime luci dell’alba, sono uscita in pozzetto. Massimo stravolto, ma sveglio. Sono rimasta lì a controllare la rotta e il mare attorno, mentre lui riposava.

Riposo dopo la lunga notte

Giovanni era fermo, seduto sottovento in cabina, in compagnia del secchio nero in cui regolarmente vomitava.

Quando finalmente ho visto la costa di Carloforte, saremmo stati a 30 miglia di distanza, ho pensato che presto saremmo stati fermi. Finalmente. Volevo una cosa sola: non sentire nulla ma proprio nulla che si muovesse sotto i miei piedi. Volevo stare seduta dritta e non essere sbattuta da una parte all’altra. Volevo poter leggere, andare in bagno, camminare per strada, scrivere e mille altre cose.

Sardegna, Portoscuso

Abbiamo raggiungo la Marina di Portoscuso, piccola, tranquilla e per nulla modaiola, con un intoppo: a un paio di miglia si è rotto il furling della trinchetta. Il mare e il vento continuavano a salire. Non finiva mai.

Ma alla fine, mentre in mare si preparava un altro temporalone, il giorno stava diventando notte, la stanchezza aumentava, ce l’abbiamo fatta e con la bandiera spagnola ancora issata, siamo entrati in porto.

Tramonto a Portoscuso

Alle 9 di sera stavamo cenando, in dinette perché aveva già cominciato a piovere: pasta riscaldata, insalata fresca, tortino di patate. Anche Giovanni, una volta fermati, è resuscitato! Domani sera torniamo tutti a casa: Massimo ed io a Kavouri, Giovanni a Portogruaro. Speriamo solo che i controlli Covid non ci blocchino qui.

Baleari, ultima notte

Sono a letto. È stata una giornata impegnativa. E le prossime non saranno da meno. Notte perfetta a poco meno di tre ore da Palma.

L’autopilota è arrivato puntuale. L’appuntamento per la consegna era alla Marina di Palma. Un ragazzo gentile al distributore ci ha permesso di restare ormeggiati il tempo di montare il ricambio (ha fatto tutto Mamo supportato da Giovanni) e quello per me di raggiungere il supermarket più vicino e comprare frutta e verdure fresche. In un’ora, fatto tutto. E autopilota funzionante.


L’idea era quella di trovare una baia vicino e trascorrervi la giornata. Abbiamo risolto tutta la costa Sud ovest di Mallorca, con falasie a picco sul mare, poi quella di sud est, con lunghe spiagge e pinete fino al mare.

Il faro di Cabo de salinas

Nessuna vera baia in cui potersi fermare. Verso le 8 siamo entrati in un minuscolo fiordo, cala Figueira. Bellissima…ma troppo piccola.

Cala figeuira

Ancora due miglia ed eccoci, mentre ormai faceva buio entrare in Portopetro, un villaggio di pescatori ma che da qualche parte nasconde un club Mediterranee. Con gavitelli e due barche. Casette attorno nascoste dalla pineta e una costruzione illuminata, immagino un hotel, ma discreta rispetta a quello che si vede.

Pastasciutta con pomodorini e acciughe, pomodori veraci, un po’ di humus e pesche. Camomilla per tre e a nanna.

Domani ci aspetta la traversata verso la Sardegna. Dovrebbero essere 40 ore per raggiungere Carloforte. Mi sa che per un po’ non ci faremo sentire.

Magnetismo?

Giovanni è arrivato. In aereo Venezia-Madrid-Ibiza, poi mezz’ora di bus fino a Sant Antoni. Mamo mi ha abusivamente depositato in un Marina che probabilmente costava 200 euro a notte (l’ennesimo club royal) e sono andata a fare due spese in un paese nato e cresciuto per e con il turismo. Nulla di bello.

Gio è arrivato puntualissimo, siamo saliti a bordo e fatto rotta per una caletta un po’ più a nord: cala salada. Anche qui casette ex hippy o ricoveri di barche scavati nella roccia e con un portone da garage. Basterebbe cambiare quella serranda, sostituirla con due porti e bianche e il panorama cambierebbe.

Giovanni!

Bagno sontuoso e, poiché pensavamo di cambiare baia, tramonto inaspettato….

Tramonto a nord di Ibiza

Faccio molta fatica a scrivere. La connessione non è buona. In cala salada, nonostante fossimo a un paio di miglia da Sant Antoni, era del tutto assente. E ora, che navighiamo lungo la costa, il cellulare dà una ricezione a 4G e completa, ma non funziona. Inspiegabile. Che si tratti di quel magnetismo di cui parlano a proposito di Es Vedrà?

Ibiza nord

Si va verso Palma de Mallorca. Stiamo risalendo una costa bellissima e poco costruita. 72 le miglia in programma, di cui 60 di mare aperto fra le due isole. Domani ci aspetta il cambio di autopilota. Per ora siamo a motore, probabilmente siamo a sotto vento del Levante. In mare dovrebbe essere meglio.

Ibiza, “ultimo rifugio sulla terra”

Non avevo alcuna aspettativa su Ibiza, anzi. La sua fama di isola di vacanze chiassose, movida esasperata, resort per vip e meno vip, non mi aveva mai invitato alla visita.

Se non fosse perché la Baleari sono sulla strada dalla Spagna alla Sardegna, non ci avremmo mai fatto tappa, per le ragioni di cui sopra. Anche se, a pensarci bene, Caty Meri, una sciamana che qui è nata e che ho conosciuto qualche anno fa sulle colline di Conegliano, mi aveva raccontato di quanto speciale, magnifica e magica fosse la sua isola. Da veneziani rifuggiamo ogni luogo in odor di turismo di massa, ma chi l’ha detto che Venezia non sia bellissima anche se presa d’assalto dal mondo intero? Anche Ibiza quindi avrebbe potuto riservarci delle belle sorprese.

Ibiza

Così è stato. L’arrivo, sulla costa nord ovest, ci ha ipnotizzati. Davanti a noi scogli e piccole isole. Due fari che annunciano la grande baia di Sant Antoni. E sullo sfondo, più a sud, la potenza immaginifica dell’isola disabitata di Es Vedrà. E’ a questa roccia maestosa che sbuca imponente fuori dal mare che viene attribuito il potere magico di Ibiza.

Ibiza nord ovest

Raccontano che avvicinandosi a Es Vedrà le bussole impazziscano e gli uccelli perdano l’ orientamento. Che sia ciò che resta della mitica Atlantide. Che vengano avvistati ufo e cerchi luminosi. Che i pescatori ne abbia non timore. Che Nostradamus la identifichi come l’ultimo rifugio sulla terra. Che Ulisse proprio qui abbia resistito al canto delle Sirene. E che il magnetismo di questa rocca dalla forma di drago disteso, infonda a Ibiza quel magico potere che qui richiamò dagli anni Sessanta in poi migliaia di giovani da tutto il mondo. Hippy americani ed europei, ma anche tanti dissidenti della dittatura franchista che si insediarono nel nord dell’isola, ancora il più selvaggio e meno urbanizzato, e in alcuni paesi non lontani dalla “capitale” Eivissa.

Ibiza, baia de Torrent

Abbiamo buttato l’ancora in una piccola insenatura della baia di Sant Antoni de Portmany. Di fronte a noi, baracche che chissà se forse un tempo fossero state case di hippy. Comunque, qualcuno ci dorme anche in questi giorni. E fa festa con fuochi e musica durante la notte.

tasera arriva Giovanni! Lo aspetteremo qui, anche perché, dopo le stecche Della randa ora tocca all’autopilota. Ieri ha cominciato a funzionare male. Ha vent’anni e non ha mai lavorato tanto come in questo agosto. Le 1500 miglia che ha sulle spalle, cominciano a pesare. Quindi, cambio obbligato. Arriverà venerdì a Palma di Maiorca.

Non mi lamento. L’acqua è magnifica, caldissima, baia de Torrent tranquilla. Potrei fermarmi molto di più….

Silenzio, mare

Il mare impone il silenzio. Non sempre. Ma quando arriva quel bisogno quasi imposto da quel corpo liquido che ti circonda, bisogna accoglierlo.

Quel bisogno mi è giunto nel tratto di mare fra Calpe e Ibiza. 60 miglia di bolina, con 10 ai 18 nodi di vento, Metis filava a 7.7 nodi con stabilità.

Ιl silenzio ha sorpreso il mio andare. E forse anche quello di Massimo.
A un certo punto la costa Blanca era sparita e quella di Ibiza ancora non si vedeva. Il mare mi invitava al silenzio. A guardare. A fantasticare. A immaginare il porto in cui saremmo arrivati.

Sono scesa in cabina e un profondo sonno mi ha preso. Avrò dormito per due, tre ore su 9 di navigazione.
Complice, forse quella sangria profumata della sera prima. Per un’astemia forse è stata una bevuta un po’ azzardata!

Sangria!