Cartagena: Annibale, gelati e ficus

Il ficus ha un’ambizione di cui non si vergogna: diventare una foresta. E farlo anche in fretta. Anno dopo anno, raddoppia, triplica, centuplica il suo tronco. Dai rami più alti fa scendere lunghe radici che si abbarbicano alla terra molti metri più in là. Conferisce alla suo chioma l’aspetto di una cupola cinquecentesca che allarga i suoi rami senza fermarsi mai. Fa correre le radici sotto i marciapiedi e getta i semi di altra vita. Instancabile.

I quattro ficus che dominato plaza San Francisco a Cartagena sono stati piantati nel 1927 e oggi sono alti almeno trenta metri. Non hanno alcuna intenzione di fermarsi. Lanciano radici tutto attorno, che, mentre si rafforzano, vengono avvolte e protette.
Un’oasi di fitta ombra in una torrida Cartagena d’agosto.

Quanto è bella e coinvolgente questa città. In questo agosto senza turisti e con gli spagnoli fuggiti in riva al mare, Cartegena diventa un’insospettabile scoperta.

Il suo passato romano è in ogni angolo. Il centro della città è continuamente interrotto da luoghi archeologici: il teatro, il foro, le terme, le mura, l’acquedotto. La guerra degli Scipioni, potente famiglia romana che espanse il dominio di Roma sul Mediterraneo, risuona in ogni pietra.

Peccato che alle 7 della sera, l’unico momento in cui si può passeggiare visti i 40 gradi, tutti i siti archeologici e pure i musei siano chiusi.

Ci fermiamo in plaza San Francisco dominata dai suo quattro immensi ficus. Tutto attorno molti edifici neoclassici. Alcuni ben restaurati, altri di cui al momento hanno conservato solo la facciata e sono al lavoro per la ristrutturazione.

Spinta dal desiderio di conoscere qualcosa di più di questi ficus, che avevo scambiato per magnolie….sic, sono stata attirata dal gelato. E da una canzone di Lucio Battisti che risuonava. Non solo: qualcuno stava parlando italiano.
Leopoldo e Leonardo stavano sistemando l’angolo delle granite e scrivendo sulla lavagnetta la loro offerta: spritz e prosecco. Con grissino e prosciutto di San Daniele del Friuli, tramezzini veneziani e prosciutto cotto alla triestina.

Era febbraio quando due amici di San Daniele del Friuli e uno di Mestre, decidono di trasferirsi a Cartagena e aprire una gelateria. A convincerli è l’ amico mestrino, campione del mondo in questa arte, e i possibili affari in una città dove per 200 giorni all’anno arrivano navi da crociera con migliaia di turisti.

Trovano il locale, in plaza San Francisco, dove si passa per raggiungere la strada del passeggio e dello shopping, e firmano il contratto. Due settimane dopo scoppia il Covid. I tre amici bloccano ogni progetto, se ne restano confinati in Friuli e sperano che passi.

Pochi giorni dopo la fine del lockdown, era il 12 maggio, caricano bagagli e mobili in un pulmino e partono per Cartagena. Il resto è storia: restauri, sistemazione, inaugurazione. Nel pieno dell’estate senza turisti.

I due Leo non si lamentano degli affari. Per ora ce la fanno anche senza turisti e i cartaginesi cominciano ad apprezzare i loro gelati e le loro granite, che sono davvero buonissime, speciale quella ai frutti di bosco.
Ma i progetti non mancano: un carretto ambulante per portare i gelati al porto e un possibile franchising insegnando l’arte della gelateria italiana.

L’entusiasmo di Leonardo e Leopoldo, che non avranno più di 30 anni, mi stringe il cuore.
Ecco la magia dell’Ikigai giapponese, l’essenza della vita che si fonda su 5 pilastri: iniziare in piccolo, dimenticarsi di sé, armonia e sostenibilità, gioia per le piccole cose, essere nel qui e ora.

Ce ne aggiungerei un sesto, coraggio. E un settimo: passione di vita.