Calpe, monte di Tariq…Gibilterra!

Poco vento, corrente a favore che ci spinge quasi a 8 nodi, mare calmo. Sulla costa marocchina, il Rif si fa ammirare in tutta la sua maestà. I suoi monti naviganti, nella nebbiolina del sole che scende, si rincorrono verso ovest. Verso est scendono velocemente fino a incontrare la piana di Tangeri.

Sono nel mezzo. Fra due mondi. Il mio a nord, l’Europa. Un altro, a sud, il continente africano. Oltre questo braccio di mare che al suo punto più stretto sarà 14 chilometri, c’è un altro pianeta. Purtroppo a me sconosciuto.

Marocco

Chiamo Kamal. Chissà dove lo troverò e se mi risponderà. Vedo il tuo Marocco Kamal. Mi sembra di toccarlo. Mi ispira suggestioni berbere, ceramiche colorate, deserti, mari e montagne. Penso a tua mamma Jamila. Penso che avremmo dovuto andare insieme a trovarla. Avrei voluto riportarti io da lei. Dopo tanti anni.

E invece davanti al Marocco ci passiamo da soli. Tu sei in Abruzzo a fare la stagione. E meno male che almeno lavori.

Ripenso a quando hai voluto lasciare Casablanca. Sei volato fino in Egitto. Poi hai preso un bus per Tunisi. E da lì hai pagato e preso quella maledetta nave. Volevi vedere il mondo, volevi vivere in Europa. Non mi hai mai spiegato il perché. Hai pianto su quella barca alla deriva. Hai invocato tua mamma, ignara di quanto ti stava succedendo. Ti sei pentito. Ma non potevi più tornare indietro.

Il faro dello stretto di Gibilterra

Quel giorno d’autunno ti sei buttato in acqua davanti alla Sicilia, e hai nuotato nuotato fino a riva. Quanta paura avevi Kamal, te lo ricordi? Me lo hai raccontato un sacco di volte. Poi il centro per i migranti. La fuga. Il traghetto per Catanzaro. Lungo il fiume prigioniero dell’Ndrangheta. Le minacce. I fucili. Ancora la paura. E di nuovo la fuga. Il treno e la lunga risalita fino alla campagna trevigiana. Con quel tuo amico che per la paura aveva perso la parola.

QUanti anni sono passati da quei giorni? Non ricordo più. Forse 10. O anche 12. Ti ho perso di vista da così tanto tempo che non so neppure se il visto definitivo lo hai poi ottenuto oppure no.

Gibilterra

Mentre il tuo paese mi scivolava vicino, ti ho scritto un messaggio. Mi hai risposto. Mi hai detto che tuo fratello conosce tante persone a Tangeri perché è lì che ha fatto l0università. Che potrebbe ospitarci. Che tua mamma mi vorrà sicuramente mandare un regalo, come quel vestito berbero, color del glicine, che mi inviò per posta mille anni fa. Mi considerava un po’ come una tua vicemadre. E forse anch’io mi sentivo tale.

Oggi qui davanti alle tue montagne, ti penso. Bello come un principe e testardo come un mulo. Povera Jamila che vorrebbe tanto riabbracciarti. Ci andrò in Marocco prima o poi. Ma con te al fianco.

Lasciamo il Rif a sud ed entriamo nella baia di Gibilterra. Davanti alla marina c’è una bel pezzo di mare dove si può stare all’ancora. Meglio. Guardiamo la rocca dal basso. I brutti edifici de La Linea de la Conception, il paese andaluso che sta al confine.

Macaco a Gibilterra (foto Wikipedia)

Penso ai suoi Macachi, su in cima. Al confine per arrivarci. Alla soglia sottomarina alta più di 300 metri che impedisce alle correnti fredde dell’Atlantico di raffreddare il nostro Mediterraneo. Non andremo a visitarla Gibilterra. Non scenderemo. Si sta bene in barca e in un viaggio come questo più delle cose viste valgono le suggestioni.

E sarà una suggestione, ma l’acqua del mare mi è sembrata già più calda.